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martedì 14 settembre 2010

La notte dei lunghi coltelli


 

E' uscito nelle sale in questi giorni "Brotherhood" (Fratellanza), opera prima del giovane regista italo-danese Nicolo Donato, allievo di Lars Von Trier che racconta la storia di un amore pericoloso e della ricerca dell'identità di Lars (Thure Lindhardt), che si scoprirà attratto dal movimento neo-nazista e da un membro del gruppo, Jimmy (David Dencik). I due uomini daranno inizio a una relazione segreta, ma il loro amore proibito dovrà scontare la punizione del gruppo di destra di cui fanno parte che non riuscirà però a mettere fine al loro rapporto.
La storia, al di là della sua drammaticità, mi ha ricordato come nella comunità gay sia diffuso, per gioco, o per convinzione (poca in verità), il feticcio "nazi-look", a partire dalle prime comunità gay americane in cui il mito del macho veniva associato a divise e stivaloni: da Tom of Finland,
fino alle attuali community online di gay feticisti del nazismo che contano migliaia di iscritti e a veri e propri artisti come Greasetank.
L'erotizzazione del nazismo non è certo una novità. Ne è prerogativa degli omosessuali. parlando di cinema pensiamo a film come “La caduta degli dei” di Luchino Visconti, “Il portiere di notte” di Liliana Cavani, “Salò o le 120 giornate di Sodoma” di Pier Paolo Pasolini, “Salon Kitty” di Tinto Brass..(per non parlare dei filoni pornografici)..... Tutti film che hanno fatto discutere e che hanno trovato sia grandi appassionati quanto nette stroncature.
Sta di fatto che anche molti omosessuali subiscono una sorta di “fascino erotico” nei confronti del nazismo o per meglio dire, nei confronti della sua "estetica", nonostante il fatto che questa ideologia abbia condotto a morte migliaia di essi (oltre a milioni di ebrei, rom, persone diversamente abili, oppositori politici, ecc...). I motivi che stanno alla base di questa fascinazione sono probabilmente la seduzione del potere, la volontà sado-masochistica portata alle estreme conseguenze, il millenario connubio tra eros e thanatos, o solo il fascino del male e del proibito; ma se ripercorriamo la storia, almeno la storia recente dello scorso secolo, possiamo vedere invece come proprio le ideologie totalitarie (nazismo, fascismo e stalinismo) siano portatrici, nella loro estetica, di messaggi inequivocabilmente "omosessuali".
Si è spesso insistito sull'omosessualità più o meno latente di molti gerarchi nazisti, a partire dallo stesso Hitler. La stessa estetica del nazismo è fortemente misogina, basata com'era su concetti quali il "superomismo", il culto dell'attività militare e di un cameratismo esasperato.
Ma si vocifera che anche il buon Stalin, che era solito deportare nei gulag gli omosessuali, avesse un debole per qualche ometto, in particolare per il suo segretario particolare, l'ungherese di origini ebraiche Karl Pauker.
E' stata rinvenuta una collezione di ritratti, fotografie e disegni di pittori russi del XIX secolo, tutti raffiguranti lo stesso tema: il nudo maschile. A margine delle opere, una serie di note, didascalie e commenti del dittatore sovietico scritti per descrivere i corpi spogliati. Forse che nella sfera privata anche Stalin coltivava una passione per l'arte del nudo maschile?  Sembra proprio di si anche se nella vita quotidiana russa l'omosessualità veniva repressa e bandita.

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